SHOOTANIDEA

Sono tornato ad allietare i vostri pomeriggi o a rincuorare le vostre notti se preferite. Avevo abbandonato il blog lo so. Adesso però cosi all’improvviso ho deciso di riprenderlo. Ho delle idee. A breve pubblicherò qualcosa. Scusate l’attesa.

Il vostro Shoot

Riflessioni

Riflettendo un poco, ho deciso che continuerò a pubblicare la saga del mio racconto “Un bacio da Dublino” e che provvederò a scriverne un’altra restaurata dato che questa versione non ha convinto me in primis e poi i miei lettori. Mi scuso per l’inghippo, spero candidamente di non avervi deluso.

Il vostro affezionato Shoot

Un bacio da Dublino : Capitolo 4 – Ricominciare dal ghiaccio

La prima a scendere le scalette dell’aereo fu con passo incerto la povera Courtney che in preda alla confusione cominciò a riflettere a voce alta

-Adesso cosa faccio qui a Philadelphia, magari una corsetta su per le scale stile Rocky, ma credo non avere l’abbigliamento giusto. Accidenti, vedi tu se tra le tante disavventure in cui mi sono imbattuta doveva annoverarsi anche “Sequestrata in volo” ma roba da matti veramente

– Mi sembra che l’unica matta qui sei tu, ti vedo farfugliare cose incomprensibili ad alta voce, disse con voce sommessa un giovane ragazzo appena uscito dalla bocca dell’aereo e aveva messo gli occhi su Courtney

– Scusami ? Parli per caso con me ?

-E con chi altro dovrei parlare oltre a te ?

– Ah non so qui attorno c’è tanta altra gente, comunque si ho l’abitudine di riflettere ad alta voce

-Non riflettere troppo mi raccomando sennò ti si fonde il cervello e poi potrai vantarti solo dei tuoi bei occhioni.

Courtney arrossì, le sue guance diventarono due pomodori si voltò e puntò lo sguardo verso l’asfalto si tocco più volte le labbra nervosamente e poi lanciò un occhiata dolce al ragazzo

-Ti ringrazio, io sono Courtney

-Io sono Michael, scusa se non mi sono presentato prima ma mi era perso nei tuoi occhi

-Smettila mi farai diventare rossa come la sua camicia.

-Mi piacciono le ragazze timide, quelle che si aprono a poco a poco, almeno so che non sono donne facili che te la mettono su un piatto e te la servono manco fossi in un ristorante di classe

-Oh, insomma tu si che hai una certa esperienza con le ragazze.

-Insomma e come se io e l’amore avessimo preso due direzioni opposte. Ad ogni modo qui stare qui a parlare in questo squallido aeroporto o vuoi esplorare i vicoli di questa città insieme a me ?

-Sai dovrei trovare un modo per tornare a casa, sono tutti in pensiero

-Credo che se ti rubo alla tua famiglia per una mezzoretta, non si preoccuperanno più di tanto

-Eh va bene piuttosto dove eri diretto tu ?

-New York, vicino insomma basta prendere un bus, tu dove sei diretta ?

– California, San Francisco

-Tu hai un bel po’ di strada da fare insomma.

I due si incamminarono per le vie della città, quella sera faceva freddo era Febbraio il tempo non perdona mai in quel periodo, una leggera brina avvolgeva Philadelphia, le parole si condensavano rendendo tutti fumatori per un giorno con il rischio di non rovinarsi per una volta i polmoni però. Girarono un angolo poi un altro ancora, poi un altro fin quando si trovarono di fronte ad un caffè.

-Che dici, entriamo in quel bar almeno per riscaldarci un poco ?

-Sicuro io ti dico che non ho tempo da perdere e tu cosa fai me lo fai perdere inutilmente

-Su, avanti solo una cioccolata calda e ti accompagno a New York col bus così prenderai un aereo da lì.

– Ah questa mi è nuova adesso sai anche guidare gli autobus ? Quante cose ancora non conosco di te

– Direi tante e se accetti il mio umile invito potrei conoscerne delle altre

-Straniero, per questa volta accetto ma bada a non allungare le mani ti ho vista prima mentre giravamo l’angolo come mi fissavi il fondoschiena.

-Istinto maschile e niente più, entriamo avanti prima che diventi rosso dalla vergogna

-Scherzavo su, sei pur sempre un uomo, fai strada.

Come uno dei gentiluomini di altri tempi, aprii la porta del locale generando il movimento di un orsetto ballerino posto al di sopra del portoncino che cantava Jingle Bells, con tanta eleganza diede la precedenza “alla sua dama”, certi uomini li creano ogni cent’anni.

-Ma non ti facevo così gentiluomo Michael

-Dovere, sono stato educato in questa maniera.

Per vedere un altro di galanteria non si fece attendere, una volta arrivati al tavolinoscostò la sedia che sarebbe stata di Courtney e come aveva fatto in precedenza invitò la ragazza a mettersi seduta. Manco le principesse le trattano così, pensò tra se e se Courtney. Presero le ordinazioni, attesero pochi minuti ed il cameriere portò loro le cioccolate più il conto che manco a sottolinearlo fu il gentiluomo del caso a pagarlo.

-Grazie per la buonissima cioccolata calda, sei stato gentilissimo. Adesso potremmo incamminarci, credo che i miei parenti stiano in pensiero, quella povera mia madre che è debole di cuore meglio che la chiami. Merda ! Non c’è campo, succede sempre così per le emergenze.

-Tranquilla, sarai a casa prima di quanto tu possa pensare. Rilassati adesso prenderemo un taxi che ci porterà alla stazione degli autobus.

-No, non ho tutti questi contanti con me da potermi permettere una corsa così lunga.

-Ci vuole appena mezz’ora tranquilla rimedio io con le spese.

-No, questo non posso proprio accettarlo tu hai già pagato le cioccolate, me la farò a piedi.

– Vuoi arrivare a piedi in tempo per il prossimo Natale ?

-Hai ragione, sono costretta ad accettare la tua offerta, mi sdebiterò in qualche modo

-Stai tranquilla, consideralo come un regalo di un amico

-Ma noi non siamo amici.

-Spero che saremo qualcosa di più.

Un Bacio da Dublino : Capitolo 3 – Problemi

Il panico all’interno dell’aereo non cessava  anche dopo che il colosso di “Rodi” era stato abbattuto. Troppe domande annebbiavano la mente dei passeggeri e degli eroi in divisa per “l’occasione” che parevano delle grandi madre intente a consolare i loro figli in delle catapecchie fatte di paglia e stenti mentre i caccia li bombardano rassicurando loro che tutto sarebbe andato per il meglio.

Ad un certo punto l’uomo mosse l’indice della mano destra.

– Nora, passami l’estintore il bastardo qui si sta risvegliando.

Un colpo più forte del primo, portò l’uomo a dormire con i pesci o almeno così credevano tutti, l’uomo imperterrito resistette a due colpi di estintore sulla nuca e cercò di afferrare la caviglia della hostess, un terzo colpo però concluse per sempre la sua breve permanenza su questa vita, aveva 30 anni ne avrebbe compiuti 31 il mese prossimo. La donna dando uno sguardo più accurato alla sua carta di identità notò alcuni dettagli che la ammutolirono per pochi secondi

-A..aveva la stessa età del mio James, povero figlio ha scelto la via del male ed il signore lo ha portato via con se.

La breve riflessione della donna si concluse con un segno della croce, abbastanza lento e tra le lacrime

-Ho ucciso un ragazzino, aveva tutta la vita davanti

-Linda, andava fatto se non l’avessi ucciso lui avrebbe ucciso tutti noi, disse con voce ferma e decisa Roxanne la collega che aveva risposto al pianto disperato della collega ed era intervenuta a consolarla.

Per calmare il suo pianto Linda tirò fuori dalla giacca dell’uomo dei fazzoletti e si asciugò le lacrime, tastando bene il punto dove aveva raccolto i fazzolettini sentì che era ruvido, con un solo strattone strappò la camicia dell’uomo e trovò una spiacevole sorpresa, sotto la camicia vi era un groviglio di peli, nastro isolante e soprattutto una bomba pronta ad esplodere.

– La bomba ! L’avevo dimenticato, ha una bomba addosso, non vorrei che la botta abbia azionato il timer, purtroppo ogni sua previsione si era avverata

– Presto c’è qualcuno qui che sappia disinnescare una bomba ? Ti prego Dio, fa che un ingegnere abbia preso questo aereo ti prego.

Una mano si levò dalla secondo fila. – Ci posso provare io sto studiando ingegneria all’università, disse timidamente uno studente alto dalla folta chioma, con gli occhiali e l’apparecchio ai denti.

– Sei la nostra unica speranza te ne prego, la vita di centinaia di persone è nelle tue mani

– Mi serve una pinza per tagliare i cavi

– Roxanne una pinza presto !!

– Ecco a te la pinza, serve altro ?

– No, basta così grazie

– Presto, la bomba esploderà tra trenta minuti

– Non mi metta pressione la prego

– Lo capisci che questa non è una di quelle esercitazione che fate all’università e che c’è gente che qui rischia la vita ?

– Lo so bene ma se mi mette pressione, moriranno prima che scadrà il tempo, piuttosto vada nell’altra stanza e rassicura i passeggeri il caos è stato sempre nemico della vita.

-Vado subito, ma mi raccomando sta attento liberaci da questo guaio

-Ci proverò…Ma adesso va presto, non mi serve qui, mi serve solo calma e concentrazione.

Filo giallo o filo blu ? Nessuno vorrebbe trovarsi in questa situazione, lo studente scelse il cavo blu, tutti i passeggeri si misero le mani nelle orecchie, temendo il peggio ma la bomba come per incanto si fermò, per la gioia di tutti a bordo che tirano un lunghissimo sospiro di sollievo. Linda di getto abbracciò il suo eroe e comunicò la bella notizia ai passeggeri.

-Gente ascoltatemi..uhm pretendo la vostra attenzione, vi comunico che grazie all’intervento, oserei dire miracoloso di questo coraggioso ragazzo ma che dico ragazzo uomo che vedete qui accanto a me siamo riusciti ad evitare una catastrofe di proporzioni abnormi, vorrei che gli rivolgeste un sonoro applauso

Lo stridio delle mani misto ai pianti di gioia per lo scampato pericolo fu talmente forte che Philip quello era il nome dell’eroe, preso in prestito da un fumetto della marvel, non riuscì a trattenere le lacrime.

Le luci della ribalta non furono congeniali a Philip che dopo due o tre inchini, si ritirò in solitaria, per rendersi conto di ciò che era stato capace di fare oggi, era come se a muoversi non fosse stato lui, come se ad operare con la precisione di un chirurgo non fossero state le sue mani, l’umiltà fa l’uomo un eroe, così diceva un vecchio detto chissà se sarà vero.

-Il nostro eroe è un po’ timido signori, vogliate scusarlo quel che conta però e che siamo ancora vivi e vegeti per raccontare cosa è successo in questa folle giornata.

Roxanne, l’hostess si staccò dal gruppo intenta a cercare il dottorino prodigio che le aveva assicurato altri giorni, altri mesi, altri anni di permanenza in questa vita con l’intento di ricompensarlo in qualche modo. Scostò le tende e lo trovò lì accasciato in terra poco lontano dal luogo dove si era compiuta “l’operazione chirurgica”a riflettere.

– Giornata movimentata oggi vero igegnerino ?

– Chiamami Philip, tu sei Roxanne l’hostess vero ?

– Si proprio lei, quella della pinza se mai non ti ricordassi di me.

– Credo che dopo oggi non mi dimenticherò mai più di te, assicurato

– Ah neanch’io mi dimenticherò di colui che mi ha salvato la pellaccia. Roxanne si lasciò andare e si lanciò in un appassionante bacio con l’eroe improvvisato di questa rocambolesca “fiaba” del presente

– Ma cosa fa ?

– Bacio il mio eroe, come in un film hollywoodiano

– Ah ma non ho fatto niente di così eclatante.

– Disinnescare una bomba lo chiami niente ?

– Ci sarebbe riuscito chiunque

– Mi pare che solo tu hai avuto il coraggio di alzare la mano per primo

– Beh ho tentato e sono stato fortunato

– Penso che sia stata più che fortuna, io comunque da domani mi licenzio questa esperienza mi ha aperto gli occhi

– A chi lo dici, uno prenota un viaggio in aereo per distendersi un po’ e non pensare ai problemi che la vita quotidiana continua a costruirti davanti e ti ritrovi un folle dirottatore che minaccia di ucciderti se non segui alla lettera le sue istruzioni, pura follia ma che vuoi farci la vita è folle già di suo.

I due furono interrotti nel più bello da uno dei passeggeri

– Hey Philip, stiamo per arrivare  all’aeropo…oh scusate, non sapevo Phil che fossi in dolce compagnia.

I due erano distesi in terra l’uno accanto all’altro e provati dallo stress accumulato si era concessi un lieve sonnellino ; la testa di lei era poggiata sulla spalla di lui e la mano di lui sulle sue cosce, alla vista sembravano proprio una bella coppia.

Ritornarono alla realtà svegliati da quel suo amico studente troppo curioso

-Abbiamo dormito per caso ? Io non mi ricordo nulla comunque non stavamo facendo niente Tom, torno di là tra un momento

– Non c’è fretta, ti aspetto fuori fai con calma intanto mentre tu dormivi tra le braccia della tua musa l’aereo è atterrato

-Ma quanto avrò dormito ? Dici sul serio ? Ti raggiungo subito il tempo di prendere coscienza di ciò che sta succedendo.

I due molto goffamente si rialzarono e rocambolescamente la ragazza poggio male il piede quasi come se il destino volesse ripagare Phil del suo gesto eroico e cadde nuovamente tra le braccia del “suo amato” e i loro sguardi si incontrarono nuovamente ma questa volta non ci fu nessun bacio solo il silenzio ne fece da padrone finchè a rompere “l’iceberg” che si era creato tra i due non fu la ragazza con la sua vocetta stridula

– Maledetto tacco !  Phil sembra proprio che il peggio sia passato siamo in salvo finalmente

– Lo eravamo già prima in realtà

– Oh dimenticavo che il nostro eroe qui ci ha salvati tutti, alzati andiamo fuori qui c’è troppa puzza di paura e terrore qui, dammi la mano

– Ti seguo a ruota, ancora un altro passo e saremo fuori.

This Love (E come fumo Dimebag svanì)

Uno sparo e si infranse tutto, uno sparo e il sipario si calò per sempre, un schifoso esaltato a chiudere i giochi ne momento più bello di lui resta soltanto una rosa nera ad accompagnare alla sua fossa un uomo, una leggenda, Dimebag Darrell nome sconosciuto a pochi se non accompagnato dall’effige “Pantera”. Ebbene si oggi o meglio 10 anni fa in questo stesso giorno esalò il suo ultimo respiro proprio lui che se ne avesse avutp la possibilità avrebbe conquistato il mondo e lo avrebbe custodito nel suo barbone. Er un pilastro talmente importante che il resto del gruppo decise di non andare più avanti senza il suo chitarrista come successe pochi anni prima con Bonham per i Led Zeppelin ; sarà un caso oppure Dio si è preso guarda caso due leggende da questo mondo spogliandolo di bellezza ? Lascio a voi la risposta al quesito intanto godetevi questo video. Ah, ancora una cosa ci manchi Dimebag :

Come il ritmo vince sulle parole

Vi è mai capitato di ascoltare una canzone e rimanerne estasiati senza conoscere il significato delle parole oppure sapendolo e fregandovene completamente perchè non vi importava. Sapete è raro trovare un connubio tra un ottimo testo ed un altrettanto ottima base sonora in pochi ci sono riusciti (Bob Dylan) molti hanno fallito miseramente ma sono rimasti soddisfatti dei loro risultati o c’è chi se n’è fregato delle critiche ed è andato avanti per la sua strada (Guccini). Vi porto come esempio una canzone a rafforzamento della mia tesi che io personalmente adoro :

 

https://www.youtube.com/watch?v=QmcconvY02Y

Ecco in questa canzone “Why don’t we do it in the road” dei Beatles prevale il fattore ritmo questa volta si punta volontariamente soltanto sul ritmo ed i risultati sono a dir poco sbalorditivi, il ritmo è così azzeccato che parole come ” Perchè non lo facciamo in strada ? Non c’è nessuno che ci guarda” uniche frasi della canzone, risultano a dir poco poetiche se accompagnate dal quel sottofondo musicale. Chapeau ai Beatles tanto di cappello a loro in fondo non sono nuovi a esperimenti simili lo avevano già fatto con I Want You solo che lì più che un tentativo di “padroneggiamento del ritmo” l’intento era quello di far passare un unico messaggio detto e ridetto così tante volte che viene inculcato nella mente dell’ascoltatore ” L’amore”. Quel “Ti voglio” ripetuto fino all’esasperazione è un chiaro segno evidente del potere che alcune parole sanno dare ripetute più volte e quasi abusate per far passare un unico messaggio chiaro e senza giri di parole. A volte il ritmo ne fa da padrone nelle canzoni ma le parole quelle si che costituiscono lo scheletro della canzone, anche solo due o una che siano se dette bene o urlate bene come nel caso di “I Want You” possono fare la differenza.

 

Buon ascolto eccovela la rabbia sotto forma di amore :

https://www.youtube.com/watch?v=uo1i9uTaCFQ

I tre porcellini (rivisitata in chiave moderna)

C’era una volta…Eh ma scusa non ti sembra un pò troppo antiquato come inizio ? E poi è troppo abusato.
In un tempo lontano…Eh ma c’è l’hai con l’antico allora, trova un incipit più moderno.
Yo, zio c’erano sti porcellini…Oh frena troppo moderno e troppo sgrammaticato e senza senso.
In uno spazio di tempo non collocabile…ora diciamo che è accettabile continua.
Grazie cervello, che ci volete fare è lui che comanda.

In uno spazio di tempo non collocabile vivevano tre porcellini gemelli in tre case differenti si erano da poco diplomati e così mamma Porca aveva deciso di acquistare a ciascun porcellino una casa una vicina all’altra (guarda tu poi che genio dell’edilizia sta mamma Porca, se avesse comprato un appartamento più grande non ci sarebbero entrati tutti e tre ? Avrebbe spesso un pò di più ma almeno adesso non avrebbe dovuto contribuire a pagare tre affitti e relative bollette). Di lavorare i porcellini non ci pensavano proprio, alcune volte facevano dei timidi tentativi ma erano così pigri che passavano tutta la giornata sdraiati a mo di porco sul divano a mangiare la qualunque davanti alla tv, ma in fondo c’è crisi di lavoro ne che ce ne sia più di tanto commentavano tutti insieme quando si chiedeva loro perchè non si dessero da fare per trovarsi un lavoro decente e riuscire a pagare bollette e affitti per quello che era possibile, ma niente loro lasciavano solo tutte le spese alla loro mamma, che scema gli concedeva tutto, e doveva pagare anche un mutuo tutta da sola dato che papà Porco era ancora disoccupato e lei era una semplice impiegata alle poste. Ritornando alla narrazione dicevo, dopo aver visto le case i tre porcellini si accorsero che erano costruite con materiali tutti diversi tra loro : Una di mattoni, l’altra di paglia e l’ultima di legno (Ecco qui ritorniamo a citare la genialità della madre). Nessuno dei porcellini si preoccupo delle conseguenze che ci sarebbero state possedendo la casa di legno e di paglia ed infatti i due della famiglia meno svegli si accaparrarono la casa di paglia e di legno non pensando che fosse arrivato un temporale le due case sarebbero state spazzate via ed invece quello con un briciolo di cervello in più prese quella in mattoni (Non è che il quoziente intellettivo sia alto in famiglia, ma un elemento che si distinguesse era d’obbligo).Come se non bastasse i problemi non erano mica finiti, nella foresta dove si trovavano le case dei porcellini si aggirava un lupo affamato che dopo non aver avuto fortuna con cappuccetto rosso, voleva rifarsi con altro da mettere sotto i denti visto le sue testuali parole ” La carne del gatto con gli stivali non è che sia poi così prelibata come dicono”. Il lupo vestito con una sola salopette, si aggirava furtivo per la foresta e non appena scrutò le tre casette in schiera, decise di andare a guardare più da vicino. Vide tre casette, una fatta di paglia, una fatta di legno e l’altra di mattoni e decise di nascondersi dietro i cespugli per riuscire a capire chi abitasse in quelle tre casette abbastanza minuscole. A calar del sole vide uscire da uno dei balconcini un porcellino con una sdraio ed una rivista in mano intento a leggere sul terrazzo, quindi il lupo dopo aver constatato che nella casa abitassero dei porcellini, decise di aspettare l’alba per agire e fare in modo di riempirsi lo stomaco. Il lupo in questione si vantava di avere un soffio aldilà del normale e non aveva tutti i torti in fondo. La mattina seguente si precipitò davanti alla casetta di paglia di uno dei porcellini e con un soffio la buttò giù e fece di un solo boccone il porcellino, stessa storia per quello con la casetta di legno. Quando arrivò davanti alla casa di cemento trovò non pochi problemi e riuscendo a buttarla giù scese dal camino. Il porcellino che era come sempre coricato sul divano a fare un pisolino, si svegliò di colpo e vide il lupo avvicinarsi con di lui aguzzando i denti. Fu lì che il porcellino sbottò – Eh ma sono modi questi, lei si presenta in casa mia si butta giù dal camino come la brutta copia di babbo natale e poi cerca anche di mangiarmi ? Ma diamine scherziamo – Devo pur mangiare no ? – Eh ciccio, vedi quanto mangiare c’è qui sul tavolo serviti pure potevi anche bussare e ti avrei anche fatto entrare – Eh ma non vorrei traumatizzarti ma mi sono pappato i tuoi fratelli – Ed ora chi lo dice a mamma ha pagato due mesi di affitto ? – Eh Cristo però, i miei fratelli proprio sale in zucca non ne hanno, non sanno che il dialogo è importante in ogni situa…Il povero porcellino non riuscì nemmeno a terminare il periodo che si trovo nelle fauci del lupo che avendo finito il cibo che c’è sul tavolo non era ancora sazio ed aveva giusto voglia di un pò di pancetta. E fu così che i tre porcellini, furono solo un ricordo. Il lupo mica pensate che se la cavò meglio, fece indigestione poverino, dovette stare in clinica per un pò. E l’affitto ? Lasciamo ai posteri l’ardua sentenza.

Pillole : La vita è una serie di parentesi

La vita è una serie di parentesi, non sai mai quale chiudere e soprattutto in quale ordine ma ciò che ti attanaglia di più è sapere se mai le chiuderai. Numeri, numeri, soltanto fottutissimi numeri che ronzano in testa e tediano più di quanto dovrebbero. “Prima apri una graffa, poi una quadra, poi una tonda” ed in questo ordine risolvi l’espressione, così dicevano a scuola e così ricordo dalle elementari. Magari fosse così semplice risolvere l’espressione della mia vita, anche se pensandoci non ci terrei più di tanto a risolvere per lasciare quel velato tocco di mistero vegliare su questa misera esistenza. La vita è un groviglio confuso di numeri e lettere, non so voi ma non vorrei mai che le risultanze della mia vita fossero scritte in un libro mezzo giallo con i bordi rossi come una squallida espressione incollata in grassetto su un foglio sporcato dalla noia di alunno durante le tediose spiegazione della prof, da una penna distrattamente esplosa o macchiato dal caffè del distratto prof di geografia che entra nella tua classe distrattamente ad accennare una mezza corte alla prof di matematica. Impossibile non amare le espressioni…

Secondo ed ultimo tentativo di sdoppiamento di personalità

Palermo, 14 Marzo 1991

Caro diario, mi mancano le parole. Ero titubante, all’inizio non volevo più scriverti, ma poi la ragione ha prevalso sull’istinto. Il nuovo anno non ha portato ciò che speravo, le mie preghiere non sono state ascoltate,o semplicemente forse doveva andare così, doveva chiudersi tutto con il più triste degli epiloghi. Cerco di farmene una ragione ma in fondo una ragione non c’è, c’è solo la sofferenza che ti perseguiterà di giorno in giorno. I miei pianti sono strozzati dal dolore e mi fanno respirare a fatica. Sto tremando, i brividi mi pervadono la schiena e credo d’essere pallida. Gli ho tenuto la mano forte, forte, forte ma non è bastato, il suo braccio come un corpo morto che stramazza al suolo, abbandonato dalla forza e dalla vita, è ricaduto sul letto,poi subito dopo si sono spenti i suoi occhi e la sua testa si è curvata nel cuscino. Ho passato la mano sulla sua fronte e poi l’ho affondata nei suoi bei riccioloni grigi per una delle ultime carezze e dopo con le lacrime agli occhi l’ho baciato in fronte ancora visibilmente scossa come lo sono tutt’ora. Mi sono rifugiata nelle tue pagine perché è l’unico mezzo che mi consente di poterlo ricordare visto che questo diario è pregno anche del suo profumo. Sono rimasta immobile per quasi mezz’ora in quella seggiola dalla quale ti scrivo da troppo ormai. Ho bagnato i ferri che erano poggiati sulle mie gambe con cui avevo intenzione di realizzargli un maglione per l’inverno. Ad un certo punto non ho resistito e gli sono “franata”addosso posando il mio capo sui suoi addominali non più perfetti come un tempo, era freddo, gelido, alzai il capo e rabbrividii lo riposai nuovamente e lì partii un pianto durato almeno una bella mezz’ora, solo che di bello in quel momento non c’era nulla. Non avevo nemmeno la forza di organizzare i funerali, ero stanca, stressata, a pezzi era come se una palla da bowling si fosse infranta contro una cristalleria, io mi sentivo quella cristalleria. Presi un po’ di coraggio e di forza per chiamare i miei figli e ricevere un po’ di sostegno morale, in fondo era pur sempre il loro padre. Accorsero tutti e si unirono al mio dolore, la piccola mi crollò addosso il dolore l’aveva afflitta troppo, in quel momento non so come ma trovai la forza per andare avanti, per risollevare, anche se c’era poco da risollevare, i miei figli e dare un più che dignitoso ultimo saluto all’uomo che avevo amato da una vita e che continuerò ad amare in eterno. Era il 5, lo ricordo ancora quel giorno maledetto, pioveva, non sono riuscita ancora a capire se l’aria gelida avesse gelato il silenzio o viceversa. Arrivammo in chiesa e padre Mutti recitò l’omelia, ma per una volta non prestai attenzione alla celebrazione solenne e mi soffermai sulla fotografia del mio caro Arturo, era incorniciata e posata sopra la sua tomba, l’avevamo scattata ad Ischia gliel’avevo scattata io sorseggiava un Martini quel giorno che posò stizzito per posare davanti la macchina fotografica, dopo quella foto mi prese e mi invitò a sedermi sulle sue gambe e lì senza indugiare mi baciò appasionatamente, tanto che dopo 40 anni lo ricordo ancora. Ritornai al presente dopo che la voce insistente di Marianna, la mia vicina di casa, cominciò a bucarmi le orecchie, tutto per dire un misero “Condoglianze”. Cosa sono in fondo le condoglianze ? Solo un squallido modo per far capire a chi ti sta accanto che tenevi veramente al defunto,quando alla fine in vita se gli hai scambiato due o tre parole potrebbe essere già tanto, ma in fondo diciamocelo se lo hai odiato per tutta la vita non ha senso compiangerlo alla morte, gioisci, festeggia, bevi, ubriacati non essere incoerente, non imbarazzarti. Una volta usciti dalla chiesa, muti marciammo come bersaglieri che commemorano la morte di un principe verso il cimitero, lui era il mio principe. Pioveva ancora, lungo la strada la pioggia portava via oltre all’allegria anche i resti dei festoni di capodanno abbandonati qualche giorno prima, avrei voluto tanto essere uno di quei festoni, ma Dio ha deciso questo destino per me, ha deciso che soffrissi e anche tanto.  Arrivati lì, lì tenni tutti sotto-braccio i miei amori, che ormai era diventati la sola ragione della mia permanenza ancora in questo mondo. Gli riservarono una bella “suite” con vista su i suoi genitori semmai li avesse mai rivisti, la tomba era tutta ornata di fiori che innaffiai con le mie lacrime per tutto il tragitto. Oggi sono passati 2 mesi e non ho ancora abbandonato il vizietto di andare a trovare il mio amato principe ogni giorno, mi manca troppo. Sul letto è rimasto “il fosso” che ha lasciato lui, mi viene da piangere di nuovo. Non riesco più a scrivere mi trema la mano, scusami.

Diario continuerò a scriverti forse per continuare a tenere vivo il suo ricordo o forse per timore che quest’ultimo mi uccida preferirò lasciarti impolverire in un cassetto della scrivania, in qualche modo vada a finire non prendertela, è stato bello scarabocchiare con la mia calligrafia da terza elementare i tuoi fogli, ti mando un bacio.

Primo tentativo di sdoppiamento di personalità

Palermo, 28 Dicembre 1990

Caro Diario,

Ti scrivo,come faccio ormai da giorni, per parlarti di me stessa e di quei grattacapi che la vecchiaia mi crea giorno per giorno. Era bello quando eravamo giovani con qualche ruga in meno e la forza per protestare in piazza e gridare tutti in coro il nostro dissenso, più ci penso e più mi rendo conto che quegli anni magici non torneranno più ; sono passati così velocemente come fa la polvere su quel maledetto comò dove riposa mio marito inerme sul letto ormai da circa un mese bloccato dalla sciatica, fosse solo quella sarei quantomeno confortata ma per sua e mia disgrazia ha un tumore al polmone destro merito di tutte quelle sigarette che si è bruciato nel corso della sua vita. Quando gli chiedo in un momento di particolare lucidità se avesse dei rimpianti della sua lunga e travagliata vita tu sai cosa mi risponde ? Mi manda al diavolo con affetto come solo lui sa fare e mi dice che farebbe tutto esattamente come ha fatto in passato, fumerebbe quelle 40 sigarette al giorno che lo stanno uccidendo, avrebbe bevuto quel suo mezzo bicchierino di amaro ogni domenica dopo i pasti e non si sarebbe mai tagliato quei baffetti che tiene ormai da 40 anni, forse credo che l’unica che avrebbe cambiato del suo passato sarebbe stato sposare me, lo dice con ironia, lo so bene in fondo lui sa che gli ho migliorato la vita pensa che proprio la scorsa settimana abbia festeggiato 52 anni di matrimonio il 21 Dicembre. Se penso a quel momento mi viene da ridere sai, perché è stato talmente breve che dopo non mi sono nemmeno accorta di essere una donna sposata. Ci siamo sposati a Roma perché lui all’epoca faceva servizio di leva lì e non avrebbe potuto prendere un permesso per scendere a Palermo e sposarsi così con quei pochi soldi che avevano nel salvadanaio decisi senza ascoltare i miei genitori di raggiungere il mio amato, così feci un biglietto del treno ; 10.000 lire costava il biglietto, all’epoca era una cifra proibitiva e io per averla ho dovuto sgobbare per mesi nella lavanderia di famiglia. Arrivata lì, lui era alla stazione ad aspettarmi con la sua divisa tutta bella stirata e con i gradi tutti lucidati senza nulla a togliere a quelle scarpe nere pece dove ti potevi anche specchiare. Aveva quel sorriso di cui mi innamorai quello da ragazzo indisciplinato per intenderci che tanto mi piaceva ed appena mi vide non tardò ad affondare quelle sue lunghe mani sui miei fianchi per poi terminare in un caloroso abbraccio che io ricambiai volentieri. Quella mattina da giovane ventenne celibe e illibata quale ero divenni una giovane mogliettina alle prime armi che aveva appena imparato a preparare l’uovo in camicia. Ci sposammo in una piccola chiesetta nella periferia di Roma, pochi invitati tutti scelti da lui perché io a Roma non conoscevo nessuno ed era la prima volta che mettevo piede nella capitale (qualche amico suo e sua zia, che lo accudiva da quando i genitori morirono nel 24’ in un acciaieria nei pressi di Agrigento) per essere un misero rinfresco dopotutto però la cerimonia nella sua semplicità era ben organizzata, dopo esserci scambiati i rispettivi si e quei due anelli d’ottone che aveva comprato (dopo mi ha comprato un nuovo anello solo che io quello vecchio che era ed è ancora il simbolo del nostro amore l’ho tenuto sempre al dito ed ancora ora lambisce queste mani troppo sciupate dal tempo). Ogni volta che penso a quel matrimonio penso che Manzoni ci avrebbe potuto costruire una storia : io mi sentivo molto Lucia lui però diceva di non ritrovarsi molto in Renzo preferiva Don Rodrigo quel avido signorotto dall’animo macchiato, solo che questo mio marito non lo sapeva ed era fermamente convinto che Lucia alla fine avesse sposato Don Rodrigo menomale che ci sono io a riportarlo alla retta via sennò avrebbe riscritto i Promessi Sposi senza conoscerli per davvero e poi Manzoni dalla tomba avrebbe avuto molto da ridire. Dopo il matrimonio abitammo a Roma per circa due anni fin quando lui non terminò il suo servizio militare, quei due anni a Roma li porto ancora nel cuore ma Palermo in quel periodo mi mancava tanto, mi mancavano i sapori, il dialetto le discussioni in strada con le amiche del mercato che ti raccontano gli aneddoti sui figli delle amiche che non sono giunge quel giorno a fare spesa, mi mancavano mamma e papà che non sentivo da due anni e che non avevo il coraggio di chiamare dopo esserne andata in quel modo, mi mancava il sole e le giornate torride della Palermo di Agosto qui faceva caldo ma mai quanto Palermo, mi mancava essere meridionale ed infine mi mancavano quei tramonti certo il tramonto visto da piazza San Pietro e tutto un’altra cosa ma io con i tramonti di Palermo avevo un rapporto particolarissimo. Da quel matrimonio sono passati 52 anni ma è come se fosse ieri è come se quei 52 anni di gioie, dolore e nascite non sia mai passati ; quell’unione mi ha regalato tre bellissimi figli e non potevo desiderare di meglio adesso hanno tutti lasciato la casa materna, grazie a Dio aggiungo io, e studiano in tre delle università più prestigiose di Italia : Marco studia alla Bocconi, Rodrigo (La storia di questo nome è meglio che te la racconti un’altra volta perché è troppo lunga ma potresti anche intuire tu da solo il perché di questo nome) studia a Pisa ed invece Marina è rimasta a studiare giurisprudenza qui a Palermo. Dopo una vita di sforzi e sacrifici passati a pescare in mare aperto ora che lo vedo sofferente ancorato ad un letto quasi mi piange il cuore, lui vorrebbe ritornare il giovane arzillo e grintoso che era ma ormai la vecchiaia si era portata via tutto il suo fervore e l’entusiasmo. Ha ormai 76 anni ma dentro è ancora un ragazzino con la gioia di vivere che contraddistingue i ragazzi e posso affermare ciò dopo aver constatato con quanto gioia affronta la classica passeggiata mattutina che abitualmente faceva  e che rispettivamente nell’ultimo periodo gli faccio fare anch’io con la carrozzina, certo il ritmo non sarà più di tempo ma i sapori e gli odori della Palermo di allora non sono cambiati c’è ancora quel odore di tonno forte provenire dalla Vucciria, quel forte odore di formaggio che strega l’olfatto, le urla del carnizzaro che mostra la merce alla gente che accorre rapita dalla sua voce come le lucciole dalla luce. Palermo è cambiata molto da allora lo so bene ma molte cose non è che siano poi così differenti. Caro diario ti scrivo da questa seggiola posta di fronte al letto dove sta riposando l’uomo che ho amato per tutto questo tempo e prego Dio ogni giorno consumando i grani del mio rosario che lo tenga in vita ancora per un po’ ma se fosse per me vorrei che vivesse per sempre preferirei morire prima io che vedere dissolversi il mio amore in un semplice letto al secondo piano di Via Almeyda senza che io possa fare nulla. Ora devo proprio andare mio caro Arturo si sta svegliando ed è quasi l’ora della puntura ; spero di riaggiornarti presto e di portarti buone notizie sulle condizioni di salute di Arturo.

Stammi bene spero che il cassetto del comò ti custodisca bene.